Quello che stiamo per raccontare oggi è uno di quegli amori mai nati. La storia di 2 dirimpettai che per mesi si sono guardati senza mai potersi stringere. Parliamo di Casey Stoner e la Yamaha M1.
Innocenti intuizioni
Si, avete letto bene. A fine 2005, Casey è in piena lotta per il titolo mondiale in 250. Guida un’Aprilia RSW250 del team LCR e, vittoria o meno, vuole a tutti i costi passare in MotoGP. Ben catechizzato dall’amico Mick Doohan, il suo obiettivo è la Classe Regina. Una caduta a Phillip Island gli fa perdere quel titolo, ma non le avances di una casa importante: la Yamaha.
Quest’ultima, dopo un difficilissimo 2003, ha inserito Valentino Rossi nel team Factory. Quest’ultimo ha vinto il mondiale del 2004 e dominato quello del 2005: Davide Brivio aveva visto giusto. Anche troppo. Si, perché sembra che Valentino Rossi stia preparando lo sbarco in F1 e la trattativa sia quasi all’assegno “in bianco”. Perché non pensare ad un sostituto che, alla peggio (si fa per dire) potrebbe rivelarsi un ottimo apprendista?
Casey Stoner e Yamaha?
Quel sostituto è il 20enne Casey Stoner il quale, a margine, si accontenterebbe di una retribuzione contenuta. La trattativa inizia e le 2 parti si studiano. La lotta si spegne presto e i 2 stanno per raggiungere un’intesa. Ma quando stanno per fissare le ultime tegole, il castello crolla. Improvvisamente e senza motivi validi. Nella sua Autobiografia “Oltre ogni limite” del 2014, Casey Stoner afferma che:
“qualcuno si mise in mezzo affinché l’accordo saltasse.”
Non sappiamo con esattezza di chi si trattasse. Chiunque fosse, raggiunse il suo obiettivo: Casey debuttò in MotoGP con la Honda RC211V del team LCR nel 2006, con qualche soddisfazione e tante cadute. Quell’anno erano soliti fargli testare gomme e setting particolari per poi imporgliene altri in gara (gomma anteriore e posteriore di 2 diverse tipologie, ad esempio).
Quanto a Yamaha, visse un 2006 di: luci, per via delle 5 vittorie di Valentino Rossi; ombre, per i numerosi guai meccanici e quel titolo di Valentino sfumato nell’ultima gara di Valencia. Questa vicenda macchia di realismo l’immagine del Campione solidale e benevolo. Qualsiasi Campione degno di questa apposizione è prima di tutto un grande egoista.