In MotoGP, Honda non trova via d’uscita da un brutto tunnel e cerca una luce nel telaio affidandosi a Kalex: un riferimento in questo settore.
Cosa c’entra un telaio Kalex su una Honda MotoGP?
Nel motociclismo è legge. Puoi avere ogni tipo di upgrade in grado di farti andare più o meno forte, ma se non parti da un telaio più che solido, non riesci a fidarti e a spingere al limite. Si prenda come esempio la Yamaha M1: pur lamentando sempre la mancanza di potenza “in alto” Fabio Quartararo riesce a metterla dove vuole, guidando con precisione e scorrevolezza. Stesso dicasi di Suzuki che vanta persino di una ciclistica meno sofisticata (sempre in relazione alla categoria), ma permette linee stupende e cambi di direzione fulminei senza sforzo.
Dunque, la Honda è una moto sicuramente veloce, ma i cui piloti sembrano sempre a rischio caduta. D’altronde, fatta salva la premessa di cui sopra, che si guidi dolcemente come Pecco Bagnaia o impiccati come Marc Marquez, senza dialogo con il telaio non si va forte.
La sai l’ultima sui telai?
Da parte della casa di Tokyo, questo gesto denota grande umiltà e coraggio. Decostruire i propri assiomi per accogliere un’ottica pluralista è ammirevole. Soprattutto in virtù del risultato atteso: il ritorno alla vittoria.
Non tutti sanno che un’altra casa di un altro continente, trovandosi in crisi nera sullo sviluppo, assecondò il suo pilota di allora rivolgendosi proprio al telaista Kalex. Lo scopo del costruttore era ben chiaro: ricordare al suo pilota la sua ex moto. Una prostrazione degna del red carpet al Festival del Cinema.
E se quella casa fallì in quel momento il suo obiettivo, ne trasse un grande insegnamento: umiltà in primis e chiedere aiuto, se necessario. Speriamo che anche Honda ne tragga altrettante “vibrazioni positive”. Chattering escluso, ovviamente.