Nel 2000 Honda costruì un motore bicilindrico a V da 1000cc sulla scia di Ducati: il suo principale competitor in SBK. Nacque la Honda RC51 (conosciuta come VTR1000SP1). Il motivo all’origine di questo propulsore Honda bicilindrico a V di 90° montato su un telaio in alluminio a doppia trave era semplice. Aveva vinto in SBK con Fred Merkel sulla RC30; con John Kocinski in sella alla RC45 nel 1997. Dopo questi successi con motori di cubatura inferiore, serviva una nuova sfida. Nonostante il marchio di fabbrica Honda fossero le motorizzazioni 4 cilindri, la casa di Tokyo volle fare un salto nel buio con il nuovo V2.
Honda RC51
La VTR1000SP1 era spinta da un V2, dotato di distribuzione bialbero a 4 valvole e alimentato da corpi farfallati con doppi iniettori. Da regolamento, la cilindrata massima del motore era 999cc. Era stata concepita per un uso stradale, ma in pista andò bene fin dall’inizio.
Il neozelandese Aaron Slight e il futuro due volte campione del mondo Colin Edwards furono i primi a passare dal 4 cilindri al nuovo bicilindrico del team Castrol Honda. Colin Edwards, alias Texas Tornado, sapeva che a quell’epoca Honda aveva bisogno di un bicilindrico per vincere e la sua convinzione poggiava su una verità cardine in qualsiasi sport motoristico.
COLIN EDWARDS:
“Il vecchio detto ‘there’s no replacement for displacement (nulla può sostituire cilindrata)’ è tuttora valido. Con il bicilindrico era come essere in sella a una moto Supersport: l’erogazione era davvero fluida, senza strappi, potevi guidarla ad occhi chiusi. Davvero diversa da guidare rispetto alle 4 cilindri. Prima di passare al team Honda, correvo per Yamaha e proposi alla casa un motore bicilindrico. Quando poi arrivai in Honda, decisero di costruirla. Eravamo tutti entusiasti.”
Acerba ma gentile
“Nel 1998 si diceva che fosse in fase di realizzazione. Facemmo dei test a Phillip Island e Eastern Creek a Febbraio 1999. Trascorse un anno prima che la moto fosse pronta. La moto era lenta all’inizio: non montava alcun kit racing. Rispetto a quanto ottenuto con la RC45, i nostri tempi sul giro erano più alti di circa 7 decimi, con 20-25 km/h in meno sui rettilinei. Poichè non c’era stato il tempo per svilupparla, eravamo certi di poter ottenere di più. All’epoca, già si smanettava con l’alimentazione e le mappature.”
Non tutti i mali vengono per nuocere: la minore potenza si traduceva in un erogazione più gentile con gli pneumatici.
Ma nonostante lo sviluppo e la concorrenza del WSBK, il nuovissimo bicilindrico a V della Honda RC51 ed Edwards vinsero il Mondiale nel 2000. 8 successi, tra cui la gara d’esordio e l’ultima della stagione. Colin ricorda così quella florida stagione.
“Credo che il successo sia stato dovuto tanto a me quanto alla moto. L’anno prima avevo concluso la stagione al 2° posto e stavo migliorando anno dopo anno. Mentre lavoravo per essere competitivo da lottare per il titolo, la moto che avevamo realizzato era più facile da guidare. Ciò non significa che fosse perfetta. La SP2 era una gran bella moto. La SP1 invece era più acerba. Non tutte le gare furono straordinarie.”
Guerra asimmetrica
Oltre i duelli per la vittoria contro gli avversari, Edwards corse nell’epoca della “guerra degli penumatici” nelle quali la Michelin aveva spesso la meglio. Alcune gare erano decisamente stressanti per questo motivo.
“Una situazione estenuante! La guerra degli pneumatici proseguiva. Quando arrivavi a Sugo o Donington o altre piste “Dunlop”, non avevi scampo. Abbiamo avuto dei brutti fine settimana, in cui l’unica potevamo solo limitare i danni. Credo che in quel periodo, venissero assegnati 2 soli circuiti di prova; effettuammo più test per Michelin a Clermont-Ferrand, altrimenti non avremmo potuto farcela.”
Carl Fogarty, icona del Mondiale SBK, nella stagione 2000 fu costretto a uno stop forzato da un brutto infortunio. Edwards non ebbe tregua nella rincorsa al titolo, dopo che Noriyuki Haga trovò il suo ritmo. Nitro Nori correva in sella alla Yamaha sviluppata e prodotta appositamente per l’omologazione nel campionato SBK
“Vinsi Gara 1 in Sudafrica. Haga era a 1 decimo; Fogarty a 2. In Gara 2, Haga aveva allungato di qualche secondo e faticavo a stargli dietro. Perché non era andata così anche in Gara 1? Un cambiamento di setup o altro, non so. La cosa però mi parve strana. A Brands Hatch dovevo arrivare in Top10 in entrambe le manche. Su quel circuito ero solito vincere, quindi non ero molto sotto pressione.”
Nell’ultimo capitolo della favola di Edwards e la Honda RC51, il texano vinse il mondiale SBK in sella al 1° V2 Honda. Un risultato che avrebbe bissato nel 2002 in sella alla successiva VTR1000 SP2 (finalizzando la sua strategia nella gara di Imola). La trionfale stagione 2000 fu scaturita da una catena di sforzi collettivi da parte di tutti: pilota, team manager, reparto corse etc.
Backstage della Honda RC51
“Adrian Gorst era il mio capo-tecnico dal 1998; Neil Tuxworth invece era il team manager e aveva un gruppo di lavoro eccezionale. Honda lavorò tanto. Potevamo contare su tecnici venuti dal Giappone. Non ci mancava niente. Fu anche il 1° anno in cui mi cimentai insieme a Valentino Rossi nella 8 Ore di Suzuka. Tutte questo era funzionale allo sviluppo della moto. Portammo a casa il titolo iridato SBK, sconfiggendo la Ducati. Gareggiammo nel 2000 e 2001 con la SP1, evidenziandone le criticità. Sulla base dei miglioramenti e delle conoscenze acquisite, costruimmo il modello 2002 con il quale vincemmo il Campionato contro Troy Bayliss.“
Honda RC51 ha collezionato in 3 anni di motomondiale: 26 vittorie, altri 30 podi e 2 titoli iridati con Colin Edwards.