La scelta di correre nonostante la morte di Jason Dupasquier, ha scatenato numerose polemiche.
Dupasquier, pilota di Moto3, appena diciannovenne, é morto dopo una brutta caduta avvenuta sabato durante le qualifiche. Dopo la caduta, che ha causato la perdita di sensi, il giovane pilota è stato investito da Alcoba e Sasaki.
La decisione di far proseguire le corse non è sembrata insolita all’inizio, infatti, è prassi che le gare procedano anche quando un pilota si trova in ospedale (anche in condizioni critiche).
Dopo la sua morte però, in moltissimi hanno contestato la scelta di correre ugualmente. La polemica si è scatenata tra critici e commentatori, addetti ai lavori e soprattutto piloti.
I piloti: che senso ha correre così?
Tanti piloti hanno espresso, non solo la loro sofferenza, ma anche le loro perplessità sulla scelta di correre nonostante la notizia della morte di Dupasquier.
Pecco Bagnaia si è detto molto scosso e ha dichiarato che “la cosa non è stata gestita per niente bene”. Il Ducatista è stato molto duro e ha sostenuto che se fosse successo a uno dei piloti della MotoGP la scelta sarebbe stata differente e sicuramente la corsa sarebbe stata annullata.
Nell’intervista post gara Joan Mir ha dichiarato che “è stato molto difficile mettere il casco oggi”.
Quartararo, vincitore del GP d’Italia, ha dedicato la vittoria a Dupasquier.
Anche Aleix Espargarò ha dichiarato che “non è possibile correre così”. Lo spagnolo ha dichiarato “non ci si rende conto che siamo umani”.
Alcuni piloti hanno scelto di non rilasciare nessuna dichiarazione.
Nessuno dei piloti comunque si è espresso completamente a favore della scelta di gareggiare in quel momento.
Valentino Rossi, si è chiesto che senso abbia correre, ma che senso abbia anche non correre, poi però ha ammesso che gareggiare in questa situazione non è stato semplice.
La notizia è arrivata qualche secondo prima che la Moto2 partisse quando i piloti erano già schierati in griglia. I piloti, non informati sull’accaduto, hanno corso regolarmente senza sapere cosa fosse accaduto. Alla fine della gara alcuni piloti non si sono detti scontenti di questa scelta.
È polemica per il minuto di silenzio
Bagnaia ha anche sostenuto che correre dopo il minuto di silenzio è stato particolarmente difficile. Il Ducatista però non è stato l’unico a muovere questa critica, più piloti hanno detto che indossare il casco dopo aver fatto un minuto di silenzio per un collega morto così giovane non è stato per niente facile.
Il minuto di silenzio pre-gara non è stato contestato solo dai piloti.
Anche Paolo Simoncelli si è espresso contro il minuto di silenzio. In un’intervista a La Repubblica ha dichiarato che: “Il minuto di silenzio andrebbe abolito. Sono una cosa veramente angosciosa per la famiglia, credetemi. Specie poco prima di correre. Capisco si voglia rendere omaggio al pilota morto ma provocano l’effetto contrario nella famiglia”.
Correre o non correre?
Non solo correre a ridosso della morte di un pilota può sembrare poco rispettoso, anche se come fa notare Paolo Simoncelli alla famiglia non importa nulla, ma può compromettere la prestazione dei piloti che stanno gareggiando.
Garantire che i piloti siano nel miglior stato psicofisico è un dovere, perché, ovviamenete, è fondamentale che siano lucidi e in grado di gestire al meglio tutte le situazioni possibili.
Come abbiamo visto, sono stati numerosi i piloti che hanno dichiarato di non aver corso al massimo della forza e dell’attenzione. Potrebbe esserne un esempio la caduta di Bagnaia.
Mir ed Espagarò hanno chiesto di ricordare che anche i piloti sono umani anche loro.
Anche se siamo abituati a pensare a questi piloti quasi come a dei superuomini, abituati a confrontarsi col pericolo, non bisogna pensare che sia così scontato che “una volta tirata giù la visiera” tutto si azzeri.
Correre dopo che un giovane collega è appena morto, facendo quello che loro si accingono a fare, non è facile. Durante le interviste post gara più di un pilota ha sottolineato questo aspetto.
In un momento di lutto per tutti gli sportivi consumare avidamente la polemica e non concedere un momento di cordoglio alla famiglia e alla squadra di Dupasquier è quantomeno ingiusto.
Il problema si è posto anche perché non esiste un protocollo preciso. Nelle rare volte in cui capitano queste tragedie viene presa una decisione in base a quella che sembra essere la soluzione ideale.
Non siamo certo noi a poter dire se la scelta di gareggiare è stata o meno giusta. La decisione finale in questi casi spetterebbe ai piloti e “al loro sentire”.
L’ augurio è che questa polemica non resti una discussione sterile, destinata a offuscare la morte di Dupasquier, ma rappresenti piuttosto l’occasione per stabilire una linea guida, concordata con i piloti, che possa aiutare a gestire situazioni così delicate.